martedì 30 novembre 2010

La sfoglia... gioie e dolori

Finora è filato tutto tutto liscio... troppo liscio.
Finchè la signora Da (quella della puntata precedente sulle tagliatelle dolci) non mi ha messo davanti alla spianatoia, faccia a faccia con due uova, un mucchietto di farina e lui, il mattarello. Ho provato a tirare la mia prima sfoglia (quasi) da sola... Il risultato sembrava incoraggiante!


Vabbè non è rotonda come vuole la perfezione... ma abbiamo deciso che lo spessore era accettabile per delle tagliatelle, anzi, per semplificarci la vita, dei tagliolini.
Abbiamo quindi arrotolato la sfoglia con delicatezza e ho cominciato a tagliarla trasversalmente con il mitico coltellaccio (come le tagliatelle dolci). Solo che queste tagliatelle, al contrario di quelle dolci, è bene che poi si srotolino... in teoria "spettinandole" con un abile e veloce movimento della mano.
Ecco, i miei tagliolini abbiamo dovuti srotolarli a mano... ad uno ad uno... non c'era verso erano parecchio attaccaticci! Meno male che eravamo in quattro! E che a metà ho allargato il taglio sempre di più per virare dal tagliolino alla tagliatella in modo da avere meno rotolini!
La debacle...


venerdì 26 novembre 2010

Tagliatelle dolci


Vabbè che è "per principianti", ma questo mattarello quando entra in scena?
Ci siamo. Sono a casa della signora Da, che mi accoglie con due spianatoie e due mattarelli, il tutto con veduta sui tetti di Bologna. Il marito della signora cerca di mettermi soggezione, affermando che devo fare attenzione alla spianatoia su cui mi accingo a lavorare perchè è  "plurigenerazionale". Non ci casco, ma certamente è plurigenerazionale la compagnia che assiste e partecipa al mio "tentativo": la signora Da, la madre in veste di "assaggiatrice" e la figlia in veste di "aiutante/assaggiatrice" (tutte più esperte di me in materia di sfoglia comunque).
In realtà la signora Da esordisce pretendendo di tenere un basso profilo: dice che non è una gran "sfogliarina", che fa la sfoglia solo da novembre a febbraio per le festività e una serie di ricorrenze familiari, che questa è la prima della stagione ed è fuori forma... Non mi faccio certo dissuadere! La signora Da forse pensa a sua suocera, una di quelle che faceva la sfoglia tutte le domeniche per tutta la famiglia: ma anche se fuori allenamento, la signora Da ha una manualità ed un piglio invidiabili.
La ricetta rimane in sospeso fino all'ultimo, alla fine optiamo per le tagliatelle dolci, che pare non richiedano la perfezione (e neanche molto meno della perfezione, spero).
Per cominciare facciamo grattugiare alla nostra "aiutante" la buccia di due limoni e la mescoliamo a due etti di zucchero. Lasciamo insaporire bene questa miscela mentre ci dedichiamo alla sfoglia.


Cominciamo con la fontana di 2 etti di farina, al centro della quale rompiamo due uova. Le dosi dipendono dalle uova, dunque meglio partire un po' scarsi con la farina e poi eventualmente aggiungerla. Si comincia mescolando con una forchetta uova e farina, partendo dal centro e allargandosi piano piano. Quando la fontana è troppo larga o rischia di crollare, si ricompatta bene il "muretto". Questo è un momento di assoluta suspence nel timore che l'uovo esca...
Ancora peggio dopo, quando dobbiamo aggiungere una tazzina da caffè piena di latte: il latte non ci sarebbe nella sfoglia "normale" ma solo in questa che è dolce.
Una volta ottenuta una bella palla senza che i liquidi "debordino", cominciamo i gesti per impastare.


La signora Da inizia spingendo la palla con entrambe le mani a formare un "salametto" di cui poi ripiega le estremità; ripete qualche volta questa mossa. Poi comincia a spingere la palla con il palmo della mano, vicino all'attaccatura del polso. L'importante è alternare le due mani, raccogliendo la pasta e poi schiacciadola di nuovo. All'inzio è un po' difficile prendere il ritmo, ma mi cimento anch'io. A me la palla si attacca! Un po' è normale, mi assicura la signora Da, perchè l'impasto con il latte è più appiccicoso; ma commetto anche un errore, schiacciare la palla con le dita anzichè con il palmo.
Ora procediamo a stendere la sfoglia. Prima, è importantissimo pulire bene la spianatoia per evitare che rimangano grumi a cui la pasta si attaccherebbe... e qui rivediamo il temibile coltello da sfoglia, già incontrato in un'altra cucina alla puntata delle tigelle.
Prima di stendere, la signora Da infarina leggermente la spianatoia e il mattarello (con una sfoglia senza latte è probabilmente superfluo). Cerco di cogliere i principali segreti dell'arte del mattarello, anche se so che sarà una strada lunga! Innanzitutto è importante spingere con pressione costante senza tralasciare i bordi e senza sollevare mai il mattarello. Poi è comodo girare più volte la sfoglia di un quarto di giro: all'inzio è facile, dopo è necessario arrotolare delicatamente un bordo al mattarello, girare il mattarello e posare delicatamente la sfoglia di lato (la delicatezza non è una mia virtù...)


Inoltre è utile premere con la mani ora al centro ora ai bordi del mattarello, per assottigliare bene tutto... e per tutto il tempo, è bene controllare lo spessore ed evitare le pieghe... insomma, non mi aspettavo che fosse facile e infatti non lo è; però è decisamente divertente :)
A questo punto si può quasi tirare un sospiro di sollievo... non resta che cospargere bene la sfoglia con il mix di zucchero e limone e cominciare a piegarla delicatamente a spirale senza premere.


Otteniamo una specie di "salame" che va tagliato a fette spesse circa un dito (--> ecco il mitico coltello da sfoglia)


Per finire, buttiamo le fette in una padella di olio di semi bollente (ma in questo blog si frigge sempre? in effetti, capita decisamente spesso! beh a me non dispiace).

 
Nel buttarle in padella, bisogna fare attenzione che le tagliatelle non si srotolino. Dopodichè nell'olio bollente lo zucchero del ripieno si caramella ben bene, e resta una crosticina aromatizzata al limone... mmmh. Vanno girate a metà cottura; lo zucchero caramellato fa sì che diventino belle scure. Da fare attenzione se friggete in due "round", la seconda volta nell'olio c'è già lo zucchero caramellato quindi le tagliatelle rischiano di bruciare più in fretta.
E un ultimo consiglio: quando le scolate, non mettetele sulla carta da cucina perchè a causa del caramello si attaccano! Noi le abbiamo scolate su un tagliere di legno.

Il risultato finale è delizioso! Belle croccanti,  con il limone che fa un po' da contrasto al dolce dello zucchero...



LA RICETTA IN BREVE

Per ogni uovo:
1 etto di farina
1/2 tazzina da caffè di latte
1 etto di zucchero
la buccia grattugiata di un limone (solo la parte gialla mi raccomando)

Grattugiare la buccia di limone e mescolarla con lo zucchero.
Fare un impasto con farina, uova e latte. Stendere l'impasto dello spessore delle tagliatelle (non sottilissimo). Cospargere la sfoglia con il composto di limone e zucchero. Arrotolare la sfoglia partendo da un bordo, senza premere, ottenendo una specie di "salame". Tagliare il "salame" a fette spesse circa un dito. Friggere le "fette" in olio di semi bollente, facendo attenzione che le spirali non si aprano. Scolare dall'olio (non su carta da cucina) e lasciare intiepidire.

martedì 23 novembre 2010

La patona e i patonen

Se il nome patona vi richiama qualcosa di molto denso e consistente... ci avete preso! La patona è il nome parmigiano del tipico dolce di farina di castagne, che probabilmente è più conosciuto come castagnaccio. Ma patona rende bene l'idea comunque :)
Credo che non ci sia un dolce più "basic" di questo, che nella versione più semplice potrebbe essere fatto anche solo con farina di castagne, acqua o latte e un filo d'olio (questa cosa dell'olio d'oliva in una torta mi ha stupito: niente burro? panna? ricotta? mascarpone?).
Io e la signora Gi abbiamo sperimentato una ricetta un po' più ricca; anche così mi sembra comunque un dolce che richiama tempi austeri in Appennino... il che non significa che non sia appetitosa, anzi! Abbiamo tenuto da parte un po' dell'impasto per i patonen (con l'accento sulla e), frittelle di castagne.


Abbiamo cominciato mescolando 250 g di farina di castagne, 1 bicchiere di zucchero e un pizzico di sale. Quindi abbiamo aggiunto piano piano, sempre mescolando, 400 g di latte; quindi, 2 cucchiai di olio e mezzo cucchiaino di lievito. Il lusso che abbiamo concesso alla nostra patona sono l'uvetta e i pinoli.


L'uvetta va ammollata prima in un po' d'acqua, strizzata e passata leggermente nella farina (di castagne, nel nostro caso), perchè non vada a finire tutta in fondo (anche se come dicevo, quest'impasto è davverodenso, non mi sembra un grande pericolo...). Per quanto riguarda i pinoli, è carino tenerne alcuni da parte per la decorazione della torta.
A questo punto, bisogna decidere se fare la patona o i patonen. Ovviamente, abbiamo optato per entrambi! Per regolarsi, la patona deve essere abbastanza sottile (un dito e mezza), quindi a seconda della teglia che si usa si può fare "avanzare" un po' di impasto per le frittelle. Comunque per stare nel sicuro, se volete preparare sia patona sia patonen, potete fare fin dall'inzio dose doppia rispetto a quella che vi ho dato (noi abbiamo fatto così, ma vi assicuro che viene davvero molto impasto... da fare se si hanno molte bocche da sfamare).


Sembra che un problema della patona sia la tendenza ad attaccarsi dannatamente alla teglia; per questo sono rimasta colpita da questa tecnica della signora Gi per foderare una tortiera apribile: mettere un foglio di carta da forno sulla base, chiudere in modo che la carta rimanga ben "bloccata", così restano da ungere solo i bordi (di olio, nel nostro caso).
Ecco la patona pronta per trascorrere 20 minuti nel forno ventilato a 180°.


Nell'attesa, ci siamo dedicate ai patonen. Per comiciare, abbiamo scaldato bene l'olio in una padella. Quindi abbiamo cominciato a buttare delle belle cucchiaiate di impasto nell'olio bollente.


I patonen devono friggere da entrambi i lati e diventare belli scuri: la farina di castagne dà questo colore intenso, non vuol dire che stiano bruciando. Quindi li abbiamo sgocciolati su carta da cucina e abbiamo aspettato che la temperatura scendesse un tantino, in modo non ustionarsi. Poichè nel frattempo anche la patona si era cotta, il risultato è stato un'abbuffata! Abbiamo chiesto rinforzi in casa perchè in due non potevamo certo finire tutti quei dolci! Io personalmente ho concluso che la mia preferenza va alle frittelle (deliziose quando sono ancora belle calde), ma consiglio di provare entrambi per dare un parere...

 

LA RICETTA IN BREVE

250 g di farina di castagne
400 g di latte
2 cucchiai di olio
1 pizzico di sale
½ cucchiaino di lievito
1 bicchiere di zucchero
50 g di uvetta ammollata
50 g di pinoli

Mescolare farina, zucchero e sale. Aggiungere il latte a poco a poco, l’olio e il lievito. Strizzare l’uvetta e passarla nella farina di castagne. Aggiungere all’impasto l’uvetta e i pinoli.
Per la patona: versare l’impasto in una teglia ben oliata in modo che sia alto un dito e mezzo circa; cuocere a 180° per 20 minuti (in forno ventilato; altrimenti, allungare il tempo di cottura).
Per i patonen: versare l’impasto a cucchiaiate in una padella di olio bollente; far dorare da entrambi i lati, sgocciolare e asciugare l’eccesso d’olio con carta da cucina.

mercoledì 17 novembre 2010

Torta di patate di Berceto


Pensavo di avere dato un'ottima prova di me alla grattugia in occasione dei passatelli, ma questa volta è stata ancora più dura! Però la signora Gi possiede una bellissima grattugia con cassettino incorporato per cui è stato (quasi) un piacere grattugiare 150 g di parmigiano.
Comunque era indispensabile per questo tortino di patate che ha accompagnato il salame fritto, e che accompagna volentieri il salume in generale. Facendo una piccola digressione, non so se avete mai provato a nominare la parola "salume" in provincia di Parma: di sicuro è apprezzato in tutta l'Emilia (e non solo), ma credo che qui raggiunga il livello dell'amore per non dire della venerazione! La litania del salume recita: prosciutto di Parma, culatello di Zibello, salame di Felino, spalla cotta di San Secondo. Direi che in mancanza di salame fritto, li potete tutti accompagnare alla torta di patate; e anche altri a vostra scelta ovviamente (anche se forse i parmigiani non vi approveranno in pieno).


Per cominciare, abbiamo messo a lessare 1 kg di patate. Quindi abbiamo energicamente grattugiato il formaggio, come già raccontato. Abbiamo affettato e messo a soffriggere 2 porri. La signora Gi dubitava che la ricetta originale-originale fosse con i porri; consultata la suocera, forse più probabilmente si usavano cipolle soffritte con l'aggiunta, alla fine, di un pizzico di concentrato di pomodoro. Tuttavia, apprezzando molto i porri, abbiamo deciso senza tentennamenti di ammetterli in questa ricetta!


 Abbiamo passato le patate e ci abbiamo aggiunto i porri, il parmigiano, e gli altri ingredienti: 250 g di ricotta, 1 uovo intero e 2 tuorli, noce moscata grattugiata, sale. Alla fine avevamo una ciotola un tantino strabordante, che ho deciso di affrontare a mani nude per dare una bella mescolata.


Una volta amalgamato bene tutto, abbiamo messo l'impasto in una tegliadi 26,5 cm di diametro (per la precisione) , imburrata e cosparsa di pangrattato  (qui vedo che nella ricetta c'era scritto di usare una teglia da 30 cm, ma garantisco che anche 26,5 può andare). Abbiamo schiacciato bene il composto in modo da pareggiarlo, lo abbiamo decorato tracciando delle righe con una forchetta e cosparso di pangrattato la superficie; io normalmente sono particolarmente insensibile al lato estetico della cucina, ma non così la signora Gi! Inoltre ho osservato che questa decorazione ha il vantaggio pratico di aumentare l'area su cui si forma la crosticina...
Abbiamo infornato; il tempo ufficiale di cottura è 40 minuti a 180°, disponendo di un forno ventilato forse ci abbiamo messo un pochino meno.
Il risultato lo avete già visto in anteprima con il salame, comunque qua gli dedichiamo una foto...


Dimenticavo: non crediate che le ricette realizzate insieme all'instancabile signora Gi siano finite... Ho disseminato un indizio della prossima in questo post :)
Buona ricerca (il detersivo non c'entra).

LA RICETTA IN BREVE

1 kg di patate lessate
2 porri
250 g di ricotta
150 g di parmigiano grattugiato
1 uovo intero e 2 tuorli
sale
noce moscata
Affettare i porri e appassirli in padella con un filo d'olio. Sbucciare e passare le patate dallo schiacchiapatate (finchè calde). Unire i porri alle patate e agli altri ingredienti. Mettere in una teglia imburrata e cosparsa di pangrattato; pareggiare bene il composto, che deve essere alto 3-4 dita circa. Decorare la superficie tracciando delle righe con una forchetta e cospargerla di pangrattato.
Infornare 40 minuti a 180°.

domenica 14 novembre 2010

Salame fritto


La realizazione di questo piatto della cucina parmense è stata in bilico fino all'ultimo! Ma alla fine io e la signora Gi, che mi ha gentilmente ospitato per un intenso pomeriggio di cucina sulla prima collina parmense, siamo riuscite nell'impresa.
La difficoltà non sta nella realizzazione della ricetta, che è di una semplicità disarmante, ma nella ricerca degli ingredienti... Come infatti mi diceva la suocera della signora Gi, seduta per due chiacchiere in cucina con noi, l'importante è che il salame sia veramente buono, e veramente fresco. Loro se ne intendono, perchè a casa tradizionalmente si allevava e si faceva macellare il maiale. Un vero evento, che richiedeva di chiamare il norcino (cioè l'addetto alla macellazione), e di avere poi una stanza adatta alla stagionatura: idealmente, un locale non riscaldato sopra la cucina.
Un evento non adatto a persone troppo sensibili, quindi fatevi forza per continuare a leggere... se avete il cuore troppo tenero, o il colesterolo troppo alto, saltate alla foto più in basso :)
Il maiale veniva sgozzato, appeso per le zampe, dopodichè si procedeva a squartarlo: si staccavano i prosciutti e si salavano; si staccava e arrotolava la pancetta; si staccava la pelle della schiena, sotto la quale si trova il lardo; poi si staccava un pezzo di carne triangolare intorno alla gola e alle spalle, che veniva cucito per ottenere il prete (un taglio tipico della cucina parmigiana).
Si lavavano le budella e si riempivano di pezzetti di carne a formare (eccoli finalmente) i salami, i salamini (detti anche salsicce), i cotechini. Non contenti, si prendevano tutte le ossa, la testa, etc, si mettevano in un bel pentolone detto caldera, all'aperto, e si faceva bollire, bollire, bollire.... Alla fine, ciò che restava si raccoglieva in un panno e si strizzava: dal panno usciva il grasso (lo strutto) e restava un composto di carne pressata, detta la cicciolata, che si mangiva a fette. Del povero maiale non era rimasto molto, se non il fegato e i piedini, che non si conservavano e si mangiavano subito. Tutto in un giorno!
E poi, prima di far andare via l'amico norcino, era il caso di controllare che dopo essersi cambiato le scarpe, non se ne partisse con le costine di maiale nascoste negli stivali da lavoro! Pare che la sua amante apprezzasse ricevere come omaggio la carne così aromatizzata...


Va bene, non abbiamo macellato il maiale! Ci siamo limitate a pellegrinare per macellerie e salumifici, alla ricerca di salame stagionato da pochi giorni. A Parma e dintorni lo chiamano proprio salame da friggere, ma bisogna avere la fortuna di capitare nel salumificio poco dopo la macellazione del maiale. Alla fine, diciamo che l'abbiamo trovato con un colpo di fortuna... cioè il marito della signora Gi lo ha trovato nella prima macelleria in cui è entrato!
Eccoci qui, con il sospirato mezzo chilo di salame fresco (dose per quattro persone). Lo tagliamo a fette spesse un dito.
Subito, mangiamo una fetta cruda: è già ottima, ma dobbiamo resistere perchè il resto va fritto.
Mettiamo due-tre dita di vino bianco secco in una padella larga: la signora Gi mi dice che il non plus ultra sarebbe la Malvasia secca.
Quando il vino è bollente e sfrigola, è ora di buttare le fette di salame: cuocendosi si restringono e si arricciano un po' ai lati. Basta girarle dopo circa tre minuti e finire di cuocerle dall'altro lato.


Ecco il risultato (con un moto di riconoscenza verso l'amico porco).
Che cosa fa compagnia al salame nella foto?
Un po' di pazienza fino al prossimo post...


LA RICETTA IN BREVE

500 g d salame fresco (stagionato di pochi giorni)
1/l di vino bianco secco
basta così! :)

Tagliare il salame a fette spesse un dito.
Mettere 2-3 dita di vino ina padella larga. Scaldare finchè sfrigola.
Aggiungere il salame e friggere circa 3 minuti per parte.

lunedì 1 novembre 2010

Passatelli


Oggi mi dedico ad una ricetta che per me ha veramente il profumo delle domeniche con i parenti: i passatelli in brodo.
Li farò insieme alla signora A., bolognese figlia di bolognesi. La sua dedizione ai passatelli è provata da episodi storici: ad esempio si ricorda una volta che preparò una cena tipica bolognese per degli ospiti, cena che si apriva con sontuosi passatelli in brodo... era il 30 giugno in Sicilia! Non vi dico come proseguì la cena...
In una giornata come oggi l'atmosfera grigia e umida aiuta di certo ad apprezzarli di più!
Il primo passo è creare una palla piuttosto soda con uova, noce moscata grattugiata, parmigiano, pangrattato.
La signora A., che (al contrario della nostra ospite precedente) è veramente una filologa, ha confrontato diverse ricette e dosi con minime variazioni... Quella "vera della nonna" dice:
sbattere le uova, grattugiare la noce moscata, aggiungere via via un cucchiaio di parmigiano e uno di pangrattato, mescolando con una forchetta; alla fine aumentare un po' la proporzione del pangrattato rispetto al parmigiano.
Beh intanto, armate di pazienza, grattugiamo un bel po' di parmigiano che quello ci vuole di sicuro.


Va bene, va bene... adesso scrivo delle dosi comprensibili :)
per 4 persone

2 uova
5 cucchiai colmi di parmigiano
7 cucchiai colmi di pangrattato
beh la noce moscata la lascio a piacere...


Eccoci qui con la nostra palla piuttosto soda, non appiccicosa. Dato che l’impasto è buonissimo anche crudo, vale la pena di assaggiarlo con la scusa di aggiustare di sale e (volendo) di pepe.
A questo punto viene il bello… dalla palla bisogna “spremere” tanti bei vermicelli.
Qui lo facciamo armate di un originale “ferro da passatelli” che proviene direttamente dalla casa di una prozia; i profani possono farlo anche (più comodamente in verità) con un volgare schiacciapatate. In ogni caso, il "ferro da passatelli" è un attrezzo assai meno pesante, meno ingombrante e nel complesso totalmente innocuo rispetto al "ferro da tigelle" incontrato la volta scorsa!
Se la pasta ha la consistenza giusta (tale da non sciogliersi miseramente una volta buttata nel brodo), non si lascia ridurre in passatelli così agevolmente; oltre a chiamare in aiuto un braccio virile (come puntualmente abbiamo fatto), sembra che la soluzione sia passare il ferro sulla palla facendo forza non verso il basso, ma leggermente in avanti. Può essere più semplice anche dividere l'impasto in palline come ho fatto qui.

Via via che i passatelli sono pronti, li buttiamo nel brodo bollente: una buona notizia è che non scuociono. Devono cuocere circa cinque minuti, ma stare “a mollo” un po’ di più non li danneggia.
Ora siamo pronti per una bella scodella calda!
E se ne avanzano, basta lasciarli nel brodo e scaldarli l’indomani (soprattutto se anche l’indomani si prospetta freddo e piovoso).
So che non ho detto niente sulla preparazione del brodo… ma credo che gli darò la dignità di un post dedicato più avanti :)


LA RICETTA IN BREVE

Ingredienti:
2 uova
5 cucchiai colmi di parmigiano
7 cucchiai colmi di pangrattato
noce moscata
sale e pepe
1 litro brodo di carne

Sbattere le uova in una terrina con una forchetta. Grattugiare un pizzico di noce moscata. Aggiungere il parmigiano e il pangrattato a cucchiaiate alternate, continuando a mescolare con la forchetta. Aggiustare di sale e pepe.
Formare una palla con l’impasto. Con uno schiacciapatate (o con l’apposito ferro) spremere dall’impasto dei vermicelli. Tuffarli nel brodo e cuocerli per cinque minuti.