martedì 26 ottobre 2010

Tigelle



La mia prima “maestra” è una signora dell’Appennino bolognese, che ora abita a Bologna e che conosco da anni… La sua abilità pratica è sorprendente, e l’avrei potuta coinvolgere in una dimostrazione pratica di cucina emiliana, come in una di sartoria, come in una di riparazioni domestiche… insomma vado sul sicuro.
Arriva munita del ferro da tigelle… beh per chi non lo sapesse, le tigelle sono delle “specie” di panini di forma piatta e rotonda che si mangiano particolarmente volentieri con il salume. Descrivere il ferro da tigelle non è facile, ma se non lo conoscete lo vedrete nelle foto… è una specie di padella a forma di quadrifoglio, con quattro cavità a forma di cerchio, in cui vanno posizionate le tigelle; poi si chiude con un coperchio simmetrico, e ogni tigella lievita e cuoce nel suo “vano”. Il problema di questo arnese, è il suo peso: io non credo sia sotto i cinque chili! Comunque, è del tutto indispensabile, quindi facciamoci sotto.
Innanzitutto posizioniamo sul tavolo la (mitica) spianatoia con una fontana di:

500 g di farina (+ un altro po’ per la spianatoia)
una bustina (o poco più) di lievito istantaneo per pizza
un pizzicone di sale fino

La signora Lo. osserva subito, con mio grande sollievo, che prima usava il lievito di birra e aspettava lievitasse, ma ora con il lievito istantaneo è tutto più veloce e anche più buono! Non crediate che le massaie emiliane siano delle filologhe della cucina senza senso pratico!
Impastiamo la farina con:

2 bicchieri (piccoli) di latte
2 dita d’acqua

Vedo che la signora impasta versando prima il latte a poco a poco e mescolando il centro della fontana; poi, quando ha formato più o meno un impasto e restano solo delle bricioline secche attaccate alla spianatoia, le impasta con l’acqua e le unisce alla “palla”. Non so se c’è un motivo, forse terminando con l’acqua la spianatoia si pulisce.
Poi impasta vigorosamente, premendo l’impasto con il polso e raccogliendolo più volte. Ovviamente, quando provo io, la mossa è meno abile… d’altra parte, la signora Lo. già all’età di cinque anni aiutava sua mamma tutte le settimane a fare il pane!
Alla fine forma un cilindretto di circa… mmh…. diciamo sette cm di diametro e lo taglia in 12 fette di un dito di spessore. Il coltello con cui taglia, detto “coltello da sfoglia”, è abbastanza da serial killer, ma visto che ha la lama perfettamente dritta, tornerà utile anche per pulire la spianatoia (se non temete di rovinare il filo del coltello).
Infariniamo i dischetti e diamo loro una forma regolare.

Intanto abbiamo messo il temibile ferro, chiuso, sul fuoco alto, rigirandolo in modo che si scaldasse bene dai due lati. Lo apriamo e posizioniamo quattro aspiranti tigelle ai loro posti. Non schiacciate le tigelle come ho fatto io o si attaccano! Chiudiamo il ferro e abbassiamo un po’ la fiamma. Le tigelle si gonfiano quasi subito e prendono il classico disegno del “fiore” inciso all’interno dei ferri da tigelle degni di questo nome.


Girando (con un po’ di fatica) il minaccioso arnese di tanto in tanto, cuociamo le tigelle per cinque-sei minuti in tutto. Le tigelle pronte hanno una crosticina e all’interno suonano un po’ “cave”. Le mettiamo a raffreddare dentro ad un sacchetto di carta. Una volta tiepide, si possono mangiare subito (con salume o con il mitico pesto alla modenese… ne riparleremo…) oppure congelare, e scaldare successivamente in forno, tostapane o piastra.
Per correttezza, dato che siamo alla scoperta della cucina emiliana, vi dirò anche questo… oggi ho scoperto che la signora Lo., da me considerata una “tigellaia” avanzata, non ha imparato questa ricetta dalla sua mamma o nonna, ma si è arrangiata in seguito, perché dalle sue parti (Appennino bolognese) le tigelle non usavano! Però meno male che le ha scoperte perché sono ottime e le produce con una straordinaria naturalezza!

LA RICETTA IN BREVE

Ingredienti:
500 g di farina
1 bustina di lievito istantaneo per pizza
2 bicchieri (piccoli) di latte
2 dita di acqua
Sale fino

Fare la fontana con farina, sale, lievito.
Impastare bene con il latte e la farina fino ad ottenere un impasto abbastanza consistente (un po’ più di una pasta da pizza).
Formare un cilindro con la pasta, del diametro un po’ inferiore ai cerchi del ferro da tigelle.
Tagliare 10-12 fette di un dito di spessore e infarinarle leggermente.
Scaldare bene il ferro da tigelle da entrambi i lati.
Appoggiare le tigelle a quattro alla volta sul ferro, senza premere.
Chiudere il ferro e cuocerle, rigirando, per 5-6 minuti in tutto.
Far intiepidire le tigelle dentro ad un sacchetto di carta.

Un'emiliana nomade

Benvenuti nella cucina emiliana! Anzi, nelle cucine emiliane… tante cucine, ciascuna con il proprio tavolo, fornelli, sedie, mattarello… tante cucine, con ricette, tradizioni e sapori differenti, ma in comune un’atmosfera di casa. Ho deciso di esplorare queste cucine, su e giù per la via Emilia, in pianura e in collina, di imparare il più possibile; di raccogliere ricette, gesti e racconti, e di condividerli. Non ho intenzione di ricercare “la vera ricetta” dei piatti tradizionali (tema su cui si potrebbero intavolare interminabili anche se amabili discussioni all’ultimo sangue), ma piuttosto di scoprire il più possibile le varianti, che si tramandano con infinite sfumature differenti dall’uscio di una casa a quello della successiva; convinta che sino queste infinite gradazioni e alternative la vera ricchezza. E soprattutto, cercando di incontrare le persone che mi insegnano queste ricette, di città in città, di cucina in cucina, e imparare non solo le dosi e gli ingredienti, ma qualcosa di più…