lunedì 3 gennaio 2011

Brodo


Approfitto del periodo post-natalizio per introdurre un argomento che è rimasto in sospeso da un po'... precisamente dal giorno dei passatelli: signore e singori, il brodo.
La faccenda del brodo sembra facile, e in effetti lo è: buttare carne e verdura nel brodo e farli sobbollire per ore, mentre ci si dedica ad altre attività (scrivere un post ad esempio). Ma le varianti sono tante, e mi piacerebbe molto aprire un po' di confronto:
- quali carni usare?
- quali odori?
- cosa fare delle carni una volta cotte?
Io racconto questa mia esperienza (ogni volta finisco per fare qualche variazione, quindi non pretendo certo che sia la Bibbia), ma credo che ci siano infinite possibilità, quindi contribuite con suggerimenti e commenti!

Anche questa volta, come per il ragù, sono partita facendo visita ad un macellaio. Ne ho provato uno nuovo (mi piacciono queste esplorazioni). Era molto simaptico e quando gli ho chiesto due chili di carne da brodo si è illuminato... partiamo bene!  
Ecco le carni che mi ha dato; mi ha detto anche i nomi dei tagli di carne, ma (disastro!) dopo un minuto me li ero dimenticati. Cercherò di rimediare  la prossima volta. Intanto metto le foto (alla fine erano quasi 2,5 kg):

carne di manzo senza ossa
      
carne di manzo con ossa
mezza gallina
Gli ho specificato che preferivo della carne che alla fine fosse anche buona da mangiare lessa, quindi mi ha dato dei tagli non troppo grassi.
Dopodichè mi ha consigliato di mettere la carne nell'acqua calda... ma come calda? Almeno 100 libri di guru della cucina insegnano che per il brodo bisogna mettere la carne nell'acqua fredda, per il bollito nell'acqua calda. Glielo ho chiesto almeno tre volte: per il brodo? calda? Ma alla fine in queste cose finisco per cedere. Mi fido sempre di più di un macellaio dall'aria simpatica e amante del brodo, piuttosto che di 100 guru :)
Ho preparato anche gli odori "classici": sedano carota e cipolla e ho messo a bollire 5 litri d'acqua. Fiduciosa, ho buttato carne e verdure e ho quasi inondato la cucina: avevo sovrastimato la capacità del mio mega-pentolone. Comunque togliendo un po' d'acqua sono riuscita a fare stare tutto. Quindi ho schiumato, e messo a sobbollire.
Ho atteso e atteso e atteso... direi oltre tre ore e mezza.
Alla fine ho valutato che fosse ora di spegnere il fuoco. Ho lasciato raffreddare la carne nel suo brodo; poi l'ho tolta, ho messo il brodo in frigo e il giorno successivo ho tolto il grasso in superficie e ho filtrato. Qui si vede prima del filtraggio, con colino, schiumarola e sullo sfondo, il temibile lesso...


Alla fine il brodo ecco il brodo pronto da gustare bollente... era un brodo davvero saporito, bello "carico", secondo me favoloso (lo dico non per gloria mia, o non solo... anche del macellaio: mettere giù la carne "a caldo" non ha rovinato il risultato, anzi, ma bisogna tenere presente che la carne era abbondante rispetto all'acqua)

Eccolo al momento di servirlo con classici cappelletti...



E questo chi è? Aargh un canederlo si è tuffato nel brodo emiliano! Buono però :)

lunedì 27 dicembre 2010

La spianatoia ritrovata

Cosa fa una brava massaia sotto Natale? Tira la sfoglia, piega i cappelletti... Nel mio caso, niente di tutto ciò! A dire la verità ho fatto una bella vacanzina al calduccio, e sono tornata per sedermi alla tavola apparecchiata il 24, il 25 e anche il 26, senza nessun mio contributo :) Sensi di colpa: zzzzero.

Però una piccola mossa l'ho fatta... Ho rispolverato la spianatoia e il mattarello appartenuti alla nonna e li ho portati a casa per esercitarmi (finora non disponevo di una mia attrezzatura adeguata). Se pensate che sia stato facile, non conoscete le dimensioni della spianatoia e del vero mattarello da sfoglia, allora ve le dico io: 97 cm!
Immaginate due svitati che in una piovigginosa sera di dicembre vagano solitari per le strade di Bologna trasportando una spianatoia e un mattarello (che tende a scivolare da tutti i lati). Vi risparmio la foto.
Ecco invece i preziosi oggetti giunti a destinazione:


domenica 5 dicembre 2010

Ragù


Questa volta mi sono incontrata per un pomeriggio di ragù con P, mia sorella. Un pomeriggio di ragù richiede soprattutto di vegliare la pentola con pazienza e fare molte chiacchiere. Questo  pomeriggio mi ricorda un altro così, una volta che andammo dalla nostra nonna appositamente perchè ci insegnasse il suo ragù bolognese. La nonna era una di quelle leggendarie nonne dei leggendari pranzi della domenica, per intenderci. Quindi mi piace l'idea di riproporre noi due nipoti la sua ricetta, continuando il filo di una storia che si srotola in avanti.

Per prima cosa, la nonna ci aveva raccomandato di procuraci 800 grammi di macinato bovino con cartella. Questa faccenda della cartella per me è rimasta una specie di formula magica, finchè non ho trovato una specie di "atlante del bovino" in cui è la cartella è indicata nella pancia. Vado baldanzosa da un macellaio, anzichè al solito supermercato; in realtà è un macellaio che ancora non ho mai provato. In negozio è assai affollato; entro, e con mia sorpresa mi trovo catapultata in un piccolo angolo di Campania! A giudicare dalla parlata, sia il macellaio sia tutti i clienti devono avere origini napoletane o dintorni. Ricordo che il famoso "atlante del bovino" specificava che i tagli di carne hanno nomi diversi nelle regioni italiane; sono presa dal panico, non posso sapere qual è il nome napoletano della cartella... chiedo solo del macinato per ragù, specificando che non sia troppo magro. Comunque, a posteriori vedo che a Napoli la cartella si chiama pancettone (non era difficile, dai).
La ricetta può avere inizio.

Cominciamo soffriggendo una dose abbondante di misto surgelato per soffritto in olio e burro; sono onesta, non racconto che abbiamo ridotto in cubetti di precisione millimetrica sedano, carota e cipolla con le nostre manine :) 
Aggiungiamo quindi 300 grammi di pancetta tritata (nel tritatutto, ma più saggiamente forse si può far tritare dal macellaio).


Facciamo rosolare bene anche la pancetta a fuoco abbastanza vivace.
Quindi aggiungiamo la carne macinata e abbassiamo il fuoco. Giriamo piano piano la carne che comincia a perdere lentamente il colore rosso vivo della carne cruda. La mescoliamo a fuoco basso per circa dieci, quindici minuti, finchè è diventata più o meno tutta opaca, ma attenzione! E' ben lontana dall'essere cotta...
A questo punto copriamo la pentola, la mettiamo sul fuoco più basso, e aspettiamo. Ogni tanto, diamo una mescolatina alla carne.


(Nel frattempo ci siamo fatte un bel the). Dopo circa due ora di cottura, dovremmo assaggiare, salare e pepare. Però, dopo il the non ce la sentiamo di assaggiare il ragù quindi andiamo fiduciosamente a occhio. A questo punto aggiungiamo il pomodoro (una lattina da 400 grammi).


Copriamo la pentola di nuovo e facciamo cuocere con santa pazienza, di nuovo a fuoco bassissimo, per un'altra mezz'ora. Se non altro il bello è che fa tutto lui, noi dobbiamo solo aspettare!
Sua signoria il ragù a questo punto è pronto per essere gustato (le tagliatelle paglia e fieno in questo caso non sono farina del mio sacco)...


... e anche (a meno che non si abbiano almeno dieci commesali) per essere saggiamente surgelato: la dose è abbondante proprio per questo, visto il tempo che ci vuole, vale la pena di fare una scorta! Dopo basta scongelarlo e scaldarlo, allungando eventualmente con altro poco di salsa di pomodoro.


LA RICETTA IN BREVE

800 g di macinato bovino con cartella
300 g di pancetta tritata
misto per soffritto (sedano, carota e cipolla a cubetti)
400 g di salsa di pomodoro


Far soffriggere il misto per soffritto a fuoco abbastanza vivace. Aggiungere la pancetta e rosolare bene.
Aggiungere il macinato e abbassare il fuoco. Cuocere per dieci minuti a pentola scoperta, mescolando bene e facendo prendere leggermente colore alla carne da tutti i lati. Coprire e fare cuocere a fuoco bassissimo per circa due ore. Aggiustare di sale e pepe e aggiungere il pomodoro. Coprire e fare cuocere sempre a fuoco bassissimo per un'altra mezzora.

martedì 30 novembre 2010

La sfoglia... gioie e dolori

Finora è filato tutto tutto liscio... troppo liscio.
Finchè la signora Da (quella della puntata precedente sulle tagliatelle dolci) non mi ha messo davanti alla spianatoia, faccia a faccia con due uova, un mucchietto di farina e lui, il mattarello. Ho provato a tirare la mia prima sfoglia (quasi) da sola... Il risultato sembrava incoraggiante!


Vabbè non è rotonda come vuole la perfezione... ma abbiamo deciso che lo spessore era accettabile per delle tagliatelle, anzi, per semplificarci la vita, dei tagliolini.
Abbiamo quindi arrotolato la sfoglia con delicatezza e ho cominciato a tagliarla trasversalmente con il mitico coltellaccio (come le tagliatelle dolci). Solo che queste tagliatelle, al contrario di quelle dolci, è bene che poi si srotolino... in teoria "spettinandole" con un abile e veloce movimento della mano.
Ecco, i miei tagliolini abbiamo dovuti srotolarli a mano... ad uno ad uno... non c'era verso erano parecchio attaccaticci! Meno male che eravamo in quattro! E che a metà ho allargato il taglio sempre di più per virare dal tagliolino alla tagliatella in modo da avere meno rotolini!
La debacle...


venerdì 26 novembre 2010

Tagliatelle dolci


Vabbè che è "per principianti", ma questo mattarello quando entra in scena?
Ci siamo. Sono a casa della signora Da, che mi accoglie con due spianatoie e due mattarelli, il tutto con veduta sui tetti di Bologna. Il marito della signora cerca di mettermi soggezione, affermando che devo fare attenzione alla spianatoia su cui mi accingo a lavorare perchè è  "plurigenerazionale". Non ci casco, ma certamente è plurigenerazionale la compagnia che assiste e partecipa al mio "tentativo": la signora Da, la madre in veste di "assaggiatrice" e la figlia in veste di "aiutante/assaggiatrice" (tutte più esperte di me in materia di sfoglia comunque).
In realtà la signora Da esordisce pretendendo di tenere un basso profilo: dice che non è una gran "sfogliarina", che fa la sfoglia solo da novembre a febbraio per le festività e una serie di ricorrenze familiari, che questa è la prima della stagione ed è fuori forma... Non mi faccio certo dissuadere! La signora Da forse pensa a sua suocera, una di quelle che faceva la sfoglia tutte le domeniche per tutta la famiglia: ma anche se fuori allenamento, la signora Da ha una manualità ed un piglio invidiabili.
La ricetta rimane in sospeso fino all'ultimo, alla fine optiamo per le tagliatelle dolci, che pare non richiedano la perfezione (e neanche molto meno della perfezione, spero).
Per cominciare facciamo grattugiare alla nostra "aiutante" la buccia di due limoni e la mescoliamo a due etti di zucchero. Lasciamo insaporire bene questa miscela mentre ci dedichiamo alla sfoglia.


Cominciamo con la fontana di 2 etti di farina, al centro della quale rompiamo due uova. Le dosi dipendono dalle uova, dunque meglio partire un po' scarsi con la farina e poi eventualmente aggiungerla. Si comincia mescolando con una forchetta uova e farina, partendo dal centro e allargandosi piano piano. Quando la fontana è troppo larga o rischia di crollare, si ricompatta bene il "muretto". Questo è un momento di assoluta suspence nel timore che l'uovo esca...
Ancora peggio dopo, quando dobbiamo aggiungere una tazzina da caffè piena di latte: il latte non ci sarebbe nella sfoglia "normale" ma solo in questa che è dolce.
Una volta ottenuta una bella palla senza che i liquidi "debordino", cominciamo i gesti per impastare.


La signora Da inizia spingendo la palla con entrambe le mani a formare un "salametto" di cui poi ripiega le estremità; ripete qualche volta questa mossa. Poi comincia a spingere la palla con il palmo della mano, vicino all'attaccatura del polso. L'importante è alternare le due mani, raccogliendo la pasta e poi schiacciadola di nuovo. All'inzio è un po' difficile prendere il ritmo, ma mi cimento anch'io. A me la palla si attacca! Un po' è normale, mi assicura la signora Da, perchè l'impasto con il latte è più appiccicoso; ma commetto anche un errore, schiacciare la palla con le dita anzichè con il palmo.
Ora procediamo a stendere la sfoglia. Prima, è importantissimo pulire bene la spianatoia per evitare che rimangano grumi a cui la pasta si attaccherebbe... e qui rivediamo il temibile coltello da sfoglia, già incontrato in un'altra cucina alla puntata delle tigelle.
Prima di stendere, la signora Da infarina leggermente la spianatoia e il mattarello (con una sfoglia senza latte è probabilmente superfluo). Cerco di cogliere i principali segreti dell'arte del mattarello, anche se so che sarà una strada lunga! Innanzitutto è importante spingere con pressione costante senza tralasciare i bordi e senza sollevare mai il mattarello. Poi è comodo girare più volte la sfoglia di un quarto di giro: all'inzio è facile, dopo è necessario arrotolare delicatamente un bordo al mattarello, girare il mattarello e posare delicatamente la sfoglia di lato (la delicatezza non è una mia virtù...)


Inoltre è utile premere con la mani ora al centro ora ai bordi del mattarello, per assottigliare bene tutto... e per tutto il tempo, è bene controllare lo spessore ed evitare le pieghe... insomma, non mi aspettavo che fosse facile e infatti non lo è; però è decisamente divertente :)
A questo punto si può quasi tirare un sospiro di sollievo... non resta che cospargere bene la sfoglia con il mix di zucchero e limone e cominciare a piegarla delicatamente a spirale senza premere.


Otteniamo una specie di "salame" che va tagliato a fette spesse circa un dito (--> ecco il mitico coltello da sfoglia)


Per finire, buttiamo le fette in una padella di olio di semi bollente (ma in questo blog si frigge sempre? in effetti, capita decisamente spesso! beh a me non dispiace).

 
Nel buttarle in padella, bisogna fare attenzione che le tagliatelle non si srotolino. Dopodichè nell'olio bollente lo zucchero del ripieno si caramella ben bene, e resta una crosticina aromatizzata al limone... mmmh. Vanno girate a metà cottura; lo zucchero caramellato fa sì che diventino belle scure. Da fare attenzione se friggete in due "round", la seconda volta nell'olio c'è già lo zucchero caramellato quindi le tagliatelle rischiano di bruciare più in fretta.
E un ultimo consiglio: quando le scolate, non mettetele sulla carta da cucina perchè a causa del caramello si attaccano! Noi le abbiamo scolate su un tagliere di legno.

Il risultato finale è delizioso! Belle croccanti,  con il limone che fa un po' da contrasto al dolce dello zucchero...



LA RICETTA IN BREVE

Per ogni uovo:
1 etto di farina
1/2 tazzina da caffè di latte
1 etto di zucchero
la buccia grattugiata di un limone (solo la parte gialla mi raccomando)

Grattugiare la buccia di limone e mescolarla con lo zucchero.
Fare un impasto con farina, uova e latte. Stendere l'impasto dello spessore delle tagliatelle (non sottilissimo). Cospargere la sfoglia con il composto di limone e zucchero. Arrotolare la sfoglia partendo da un bordo, senza premere, ottenendo una specie di "salame". Tagliare il "salame" a fette spesse circa un dito. Friggere le "fette" in olio di semi bollente, facendo attenzione che le spirali non si aprano. Scolare dall'olio (non su carta da cucina) e lasciare intiepidire.

martedì 23 novembre 2010

La patona e i patonen

Se il nome patona vi richiama qualcosa di molto denso e consistente... ci avete preso! La patona è il nome parmigiano del tipico dolce di farina di castagne, che probabilmente è più conosciuto come castagnaccio. Ma patona rende bene l'idea comunque :)
Credo che non ci sia un dolce più "basic" di questo, che nella versione più semplice potrebbe essere fatto anche solo con farina di castagne, acqua o latte e un filo d'olio (questa cosa dell'olio d'oliva in una torta mi ha stupito: niente burro? panna? ricotta? mascarpone?).
Io e la signora Gi abbiamo sperimentato una ricetta un po' più ricca; anche così mi sembra comunque un dolce che richiama tempi austeri in Appennino... il che non significa che non sia appetitosa, anzi! Abbiamo tenuto da parte un po' dell'impasto per i patonen (con l'accento sulla e), frittelle di castagne.


Abbiamo cominciato mescolando 250 g di farina di castagne, 1 bicchiere di zucchero e un pizzico di sale. Quindi abbiamo aggiunto piano piano, sempre mescolando, 400 g di latte; quindi, 2 cucchiai di olio e mezzo cucchiaino di lievito. Il lusso che abbiamo concesso alla nostra patona sono l'uvetta e i pinoli.


L'uvetta va ammollata prima in un po' d'acqua, strizzata e passata leggermente nella farina (di castagne, nel nostro caso), perchè non vada a finire tutta in fondo (anche se come dicevo, quest'impasto è davverodenso, non mi sembra un grande pericolo...). Per quanto riguarda i pinoli, è carino tenerne alcuni da parte per la decorazione della torta.
A questo punto, bisogna decidere se fare la patona o i patonen. Ovviamente, abbiamo optato per entrambi! Per regolarsi, la patona deve essere abbastanza sottile (un dito e mezza), quindi a seconda della teglia che si usa si può fare "avanzare" un po' di impasto per le frittelle. Comunque per stare nel sicuro, se volete preparare sia patona sia patonen, potete fare fin dall'inzio dose doppia rispetto a quella che vi ho dato (noi abbiamo fatto così, ma vi assicuro che viene davvero molto impasto... da fare se si hanno molte bocche da sfamare).


Sembra che un problema della patona sia la tendenza ad attaccarsi dannatamente alla teglia; per questo sono rimasta colpita da questa tecnica della signora Gi per foderare una tortiera apribile: mettere un foglio di carta da forno sulla base, chiudere in modo che la carta rimanga ben "bloccata", così restano da ungere solo i bordi (di olio, nel nostro caso).
Ecco la patona pronta per trascorrere 20 minuti nel forno ventilato a 180°.


Nell'attesa, ci siamo dedicate ai patonen. Per comiciare, abbiamo scaldato bene l'olio in una padella. Quindi abbiamo cominciato a buttare delle belle cucchiaiate di impasto nell'olio bollente.


I patonen devono friggere da entrambi i lati e diventare belli scuri: la farina di castagne dà questo colore intenso, non vuol dire che stiano bruciando. Quindi li abbiamo sgocciolati su carta da cucina e abbiamo aspettato che la temperatura scendesse un tantino, in modo non ustionarsi. Poichè nel frattempo anche la patona si era cotta, il risultato è stato un'abbuffata! Abbiamo chiesto rinforzi in casa perchè in due non potevamo certo finire tutti quei dolci! Io personalmente ho concluso che la mia preferenza va alle frittelle (deliziose quando sono ancora belle calde), ma consiglio di provare entrambi per dare un parere...

 

LA RICETTA IN BREVE

250 g di farina di castagne
400 g di latte
2 cucchiai di olio
1 pizzico di sale
½ cucchiaino di lievito
1 bicchiere di zucchero
50 g di uvetta ammollata
50 g di pinoli

Mescolare farina, zucchero e sale. Aggiungere il latte a poco a poco, l’olio e il lievito. Strizzare l’uvetta e passarla nella farina di castagne. Aggiungere all’impasto l’uvetta e i pinoli.
Per la patona: versare l’impasto in una teglia ben oliata in modo che sia alto un dito e mezzo circa; cuocere a 180° per 20 minuti (in forno ventilato; altrimenti, allungare il tempo di cottura).
Per i patonen: versare l’impasto a cucchiaiate in una padella di olio bollente; far dorare da entrambi i lati, sgocciolare e asciugare l’eccesso d’olio con carta da cucina.

mercoledì 17 novembre 2010

Torta di patate di Berceto


Pensavo di avere dato un'ottima prova di me alla grattugia in occasione dei passatelli, ma questa volta è stata ancora più dura! Però la signora Gi possiede una bellissima grattugia con cassettino incorporato per cui è stato (quasi) un piacere grattugiare 150 g di parmigiano.
Comunque era indispensabile per questo tortino di patate che ha accompagnato il salame fritto, e che accompagna volentieri il salume in generale. Facendo una piccola digressione, non so se avete mai provato a nominare la parola "salume" in provincia di Parma: di sicuro è apprezzato in tutta l'Emilia (e non solo), ma credo che qui raggiunga il livello dell'amore per non dire della venerazione! La litania del salume recita: prosciutto di Parma, culatello di Zibello, salame di Felino, spalla cotta di San Secondo. Direi che in mancanza di salame fritto, li potete tutti accompagnare alla torta di patate; e anche altri a vostra scelta ovviamente (anche se forse i parmigiani non vi approveranno in pieno).


Per cominciare, abbiamo messo a lessare 1 kg di patate. Quindi abbiamo energicamente grattugiato il formaggio, come già raccontato. Abbiamo affettato e messo a soffriggere 2 porri. La signora Gi dubitava che la ricetta originale-originale fosse con i porri; consultata la suocera, forse più probabilmente si usavano cipolle soffritte con l'aggiunta, alla fine, di un pizzico di concentrato di pomodoro. Tuttavia, apprezzando molto i porri, abbiamo deciso senza tentennamenti di ammetterli in questa ricetta!


 Abbiamo passato le patate e ci abbiamo aggiunto i porri, il parmigiano, e gli altri ingredienti: 250 g di ricotta, 1 uovo intero e 2 tuorli, noce moscata grattugiata, sale. Alla fine avevamo una ciotola un tantino strabordante, che ho deciso di affrontare a mani nude per dare una bella mescolata.


Una volta amalgamato bene tutto, abbiamo messo l'impasto in una tegliadi 26,5 cm di diametro (per la precisione) , imburrata e cosparsa di pangrattato  (qui vedo che nella ricetta c'era scritto di usare una teglia da 30 cm, ma garantisco che anche 26,5 può andare). Abbiamo schiacciato bene il composto in modo da pareggiarlo, lo abbiamo decorato tracciando delle righe con una forchetta e cosparso di pangrattato la superficie; io normalmente sono particolarmente insensibile al lato estetico della cucina, ma non così la signora Gi! Inoltre ho osservato che questa decorazione ha il vantaggio pratico di aumentare l'area su cui si forma la crosticina...
Abbiamo infornato; il tempo ufficiale di cottura è 40 minuti a 180°, disponendo di un forno ventilato forse ci abbiamo messo un pochino meno.
Il risultato lo avete già visto in anteprima con il salame, comunque qua gli dedichiamo una foto...


Dimenticavo: non crediate che le ricette realizzate insieme all'instancabile signora Gi siano finite... Ho disseminato un indizio della prossima in questo post :)
Buona ricerca (il detersivo non c'entra).

LA RICETTA IN BREVE

1 kg di patate lessate
2 porri
250 g di ricotta
150 g di parmigiano grattugiato
1 uovo intero e 2 tuorli
sale
noce moscata
Affettare i porri e appassirli in padella con un filo d'olio. Sbucciare e passare le patate dallo schiacchiapatate (finchè calde). Unire i porri alle patate e agli altri ingredienti. Mettere in una teglia imburrata e cosparsa di pangrattato; pareggiare bene il composto, che deve essere alto 3-4 dita circa. Decorare la superficie tracciando delle righe con una forchetta e cospargerla di pangrattato.
Infornare 40 minuti a 180°.