domenica 14 novembre 2010

Salame fritto


La realizazione di questo piatto della cucina parmense è stata in bilico fino all'ultimo! Ma alla fine io e la signora Gi, che mi ha gentilmente ospitato per un intenso pomeriggio di cucina sulla prima collina parmense, siamo riuscite nell'impresa.
La difficoltà non sta nella realizzazione della ricetta, che è di una semplicità disarmante, ma nella ricerca degli ingredienti... Come infatti mi diceva la suocera della signora Gi, seduta per due chiacchiere in cucina con noi, l'importante è che il salame sia veramente buono, e veramente fresco. Loro se ne intendono, perchè a casa tradizionalmente si allevava e si faceva macellare il maiale. Un vero evento, che richiedeva di chiamare il norcino (cioè l'addetto alla macellazione), e di avere poi una stanza adatta alla stagionatura: idealmente, un locale non riscaldato sopra la cucina.
Un evento non adatto a persone troppo sensibili, quindi fatevi forza per continuare a leggere... se avete il cuore troppo tenero, o il colesterolo troppo alto, saltate alla foto più in basso :)
Il maiale veniva sgozzato, appeso per le zampe, dopodichè si procedeva a squartarlo: si staccavano i prosciutti e si salavano; si staccava e arrotolava la pancetta; si staccava la pelle della schiena, sotto la quale si trova il lardo; poi si staccava un pezzo di carne triangolare intorno alla gola e alle spalle, che veniva cucito per ottenere il prete (un taglio tipico della cucina parmigiana).
Si lavavano le budella e si riempivano di pezzetti di carne a formare (eccoli finalmente) i salami, i salamini (detti anche salsicce), i cotechini. Non contenti, si prendevano tutte le ossa, la testa, etc, si mettevano in un bel pentolone detto caldera, all'aperto, e si faceva bollire, bollire, bollire.... Alla fine, ciò che restava si raccoglieva in un panno e si strizzava: dal panno usciva il grasso (lo strutto) e restava un composto di carne pressata, detta la cicciolata, che si mangiva a fette. Del povero maiale non era rimasto molto, se non il fegato e i piedini, che non si conservavano e si mangiavano subito. Tutto in un giorno!
E poi, prima di far andare via l'amico norcino, era il caso di controllare che dopo essersi cambiato le scarpe, non se ne partisse con le costine di maiale nascoste negli stivali da lavoro! Pare che la sua amante apprezzasse ricevere come omaggio la carne così aromatizzata...


Va bene, non abbiamo macellato il maiale! Ci siamo limitate a pellegrinare per macellerie e salumifici, alla ricerca di salame stagionato da pochi giorni. A Parma e dintorni lo chiamano proprio salame da friggere, ma bisogna avere la fortuna di capitare nel salumificio poco dopo la macellazione del maiale. Alla fine, diciamo che l'abbiamo trovato con un colpo di fortuna... cioè il marito della signora Gi lo ha trovato nella prima macelleria in cui è entrato!
Eccoci qui, con il sospirato mezzo chilo di salame fresco (dose per quattro persone). Lo tagliamo a fette spesse un dito.
Subito, mangiamo una fetta cruda: è già ottima, ma dobbiamo resistere perchè il resto va fritto.
Mettiamo due-tre dita di vino bianco secco in una padella larga: la signora Gi mi dice che il non plus ultra sarebbe la Malvasia secca.
Quando il vino è bollente e sfrigola, è ora di buttare le fette di salame: cuocendosi si restringono e si arricciano un po' ai lati. Basta girarle dopo circa tre minuti e finire di cuocerle dall'altro lato.


Ecco il risultato (con un moto di riconoscenza verso l'amico porco).
Che cosa fa compagnia al salame nella foto?
Un po' di pazienza fino al prossimo post...


LA RICETTA IN BREVE

500 g d salame fresco (stagionato di pochi giorni)
1/l di vino bianco secco
basta così! :)

Tagliare il salame a fette spesse un dito.
Mettere 2-3 dita di vino ina padella larga. Scaldare finchè sfrigola.
Aggiungere il salame e friggere circa 3 minuti per parte.

1 commento:

  1. Mamma mia che buono il salame fritto!!!!!!mi piace l'idea di questo blog....ti metto tra i preferiti Ciao Elena

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